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Siamo ancora qui

Sono molti mesi che non aggiorniamo questo blog e ce ne scusiamo con chi ci segue e ci supporta. Il Comitato Civico in Difesa della Marina Lobra, tuttavia, non si è fermato; abbiamo seguito con attenzione i cinque incontri della Conferenza dei Servizi, conclusasi da poco, e attualmente stiamo preparando una scheda esplicativa dei risultati conseguiti e degli sviluppi che ne potranno seguire.
Inoltre abbiamo continuato ad archiviare la rassegna stampa del progetto che – se non verrà fermato – sconvolgerà il nostro borgo. In particolare, nelle ultime settimane sono stati pubblicati degli articoli e sono state rilasciate alcune interviste che illustrano un quadro piuttosto diverso da quello a cui noi abbiamo assistito. Riteniamo, pertanto, che sia giunto il momento di raccontarne un’altra versione. Stiamo lavorando anche a questo.

Per adesso ribadiamo la nostra ferma convinzione che la strada per la riqualificazione della Marina Lobra (se di questo si vuole parlare) non è quella intrapresa dai promotori del progetto. Lo abbiamo scritto e detto molte volte, è necessario – ed è sempre più urgente – un cambiamento culturale (ovvero di visione politica, nel senso più alto del termine): dobbiamo pensare un futuro diverso da quello che erode e cancella, che divora, spreca e nasconde. Lo sviluppo non è la crescita, è molto di più; non è l’aumento delle volumetrie e delle quantità, non è produrre o consumare di più. Queste sono formule ormai arcaiche di un ingannevole benessere economico che da un lato era sottoposto alle logiche incrementali del mercato finanziario, dall’altro ha dissipato e devastato il territorio, considerato alla stregua di un giacimento da cui estrarre all’infinito. Oggi, nel XXI secolo, sviluppo è la riconversione dei modelli produttivi economici verso i bisogni genuini della popolazione, è fare quel che serve con ciò che si ha a disposizione, è investire nella conoscenza e utilizzare l’ingegno e la scienza, è offrire a tutti condizioni di vita e di lavoro degne, è rispettare i tempi e i luoghi, è consapevolezza della storia e dei rischi, è impegnarsi nella cura, nella preservazione, nel recupero.
Noi del Comitato veniamo definiti “ambientalisti” e non ci dispiace, né ci vergogniamo di una definizione che, anzi, ci onora. Ma è bene ricordare che dentro questa etichetta noi ci inseriamo un universo di significati: la nostra casa, il nostro ecosistema, la nostra storia, i nostri giardini e, inoltre, la flora, la fauna, il microclima, l’odore della terra, lo sciabordio del mare, il senso di appartenenza. In breve, noi difendiamo il nostro paesaggio: noi stessi.

Io credo che nell’ambiente, nel paesaggio, nel territorio – che sono termini intercambiabili, sono sinonimi – troppo spesso quello che prevale è la logica del profitto immediato di pochi; invece dovrebbe prevalere la logica del bene comune di tutti, che dura molto più a lungo.
Questo sarebbe un vero cambiamento di cultura del quale l’Italia ha moltissimo bisogno, perché è il Paese con la maggiore devastazione di paesaggio d’Europa.
[…] Il paesaggio e l’ambiente sono una sola cosa, difendere il paesaggio vuol dire difendere l’ambiente, cioè la salute dei cittadini, fisica e mentale.” (Salvatore Settis, ospite  a “Che tempo che fa”, 14 gennaio 2012: video, 11’31”).